Stadio San Siro, Marotta avverte: "Se non si risolve ce ne andiamo". E attacca i "politici di 30 anni fa"

“Se non si risolve a Milano, andremo altrove”. Così Beppe Marotta, presidente dell'Inter sullo stadio di San Siro, mentre entra nel vivo la discussione sulla sua vendita ai club milanesi, a pochi giorni dal voto decisivo (non si sa se sarà il 25 o il 29).
L'avvertimento di Marotta“Se non si riuscisse a risolvere la questione stadio nel comune di Milano, entrambe le società sarebbero costrette ad andare altrove, e questo non farebbe bene alla città di Milano. Ma sono ottimista, sto apprezzando anche il lavoro del sindaco Sala e spero che il buonsenso prevalga”, ha affermato Marotta, ai microfoni di Dazn, prima dell'incontro con il Sassuolo poi vinto per 2-1 dai nerazzurri.
“Più che da presidente dell'Inter, da uomo di calcio assisto a uno scenario un po' imbarazzante”, ha proseguito Marotta, ‘sferzando’ un giudizio non proprio positivo non solo sulla vicenda dello stadio ma allargando il discorso alla gestione dello sport in città: “Il calcio e lo sport in generale a Milano è messo un po' da parte, non riusciamo ad avere i criteri per organizzare la finale di Champions League a San Siro, San Siro non è stato candidato tra gli stadi per gli Europei 2032”.
L'attacco ai politici “di 30 anni fa”Poi il presidente dell'Inter ha affondato il colpo attaccando direttamente i “politici di 30 anni fa”, accusati di non riuscire a cogliere le necessità di innovazione. “Tutto questo - ha detto - perché si è creato un dibattito politico in cui sono intervenuti anche politici di 30 anni fa, che sono molto conservativi e non innovativi, e non capiscono che Milano è una città tra le più belle in Europa e nel mondo e per quanto riguarda lo sport Inter e Milan sono due eccellenze che rappresentano Milano e hanno la necessità e l'urgenza di avere un nuovo stadio”.
Parole durissime a cui ha immediatamente replicato uno dei politici chiamati in causa da Marotta: Enrico Fedrighini, consigliere del gruppo misto (di maggioranza), sostenitore da sempre della ristrutturazione del Meazza e contrario a un nuovo impianto, e probabilmente tra i “politici di 30 anni fa”, secondo l'accezione di Marotta. Fedrighini infatti, dopo avere fondato negli anni ‘80 l’osservatorio sul traffico dei rifiuti, è stato eletto in Provincia di Milano nel 1995 (esattamente 30 anni fa) per Rifondazione comunista, per poi passare al consiglio comunale, al consiglio di Municipio 8 e ancora a Palazzo Marino coi Verdi prima e la Lista Sala poi.
La replica: “Ci tratta da obbedienti esecutori”“Sin dal primo momento il progetto Meazza ha viaggiato lungo i binari della minaccia da parte dei fondi proprietari di Inter e Milan”, ha dichiarato Fedrighini: “O fate come decidiamo noi, o ce ne andiamo. Senza alcuna seria verifica di alternative, senza analisi costi-benefici. Una richiesta di obbedienza servile. Respingere in aula il progetto Meazza credo sia un'opportunità unica per Milano, per recuperare un minimo di dignità politica nei confronti della città”.
“Quando una persona si permette di lanciare ultimatum a un consiglio comunale eletto dai cittadini, significa che questa persona considera il consiglio comunale un organo composto da obbedienti esecutori di scelte compiute in altre sedi, disposti a vendere un bene che appartiene ai cittadini non sulla base di un interesse pubblico (inesistente), di documenti (negati) e di trasparenza sui soci degli acquirenti (dati secretati), ma sulla base di un semplice ultimatum”, ha concluso Fedrighini.
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